Bestie da ufficio.-L’outfit.-Capitolo undici.

Mi chiedo se i vestiti che indossiamo li abbiamo scelti perché ci piacciono, perché vanno di moda o perché tutti li portano. Di certo il ritorno dei leggings, che negli anni novanta si chiamavano fuseaux, ci fa capire molte cose. Il ritorno dei pantaloni a zampa d’elefante è dietro l’angolo. L’importante è indossare il capo giusto al momento giusto. Se qualche anno fa, fossi uscita di casa con indosso un paio di leggings e una lunga maglia; il vicino ti avrebbe fermato sul pianerottolo. Con gentilezza e una sfumatura di preoccupazione, ti avrebbe fatto notare che stai uscendo in pigiama.  Oggi non accade più, almeno fino alla nuova moda che abolirà i leggings. Forse fa bene la zebra, che nei millenni ha sviluppato il mantello a righe bianche e nero per difendersi dalla calura della savana e mantenere la temperatura corporea costante.  Lei ha pensato all’utilità dell’outfit, senza farsi problemi se il nero sfina ma il bianco e le righe ingrassano.

All’interno di un gruppo di Homo-piegati, l’outfit crea non poche frustrazioni e disagi. Molte aziende stanno valutando la possibilità di introdurre divise monocolori, uguali per tutti che possano portare la pace su questo argomento che causa più discussioni della religione, l’inflazione, la fame nel mondo.

Spesso la mortificazione maggiore per le piegate, è quella di guardare su internet abiti che vorrebbero avere, ma che per limiti economici non possono acquistare. Poi ci sono due giorni l’anno durante i quali, l’accredito dello stipendio avviene nello stesso periodo dei saldi. Questi due eventi portano l’aumento dell’adrenalina degli acquisti, di vestiario e accessori, a livelli indescrivibili. L’intero ufficio è in subbuglio, le piegate non smettono di elencare nomi di negozi, modelli di borse, colori sconosciuti alla maggior parte degli uomini. Tutto viene rovinato da una sola e semplice frase: “State calme, tanto oggi non ci potete andare a fare shopping, fino alle cinque dovete stare qui dentro.” L’eccitazione generale viene placata, occhiatacce cariche di disappunto e rabbia guardano Mariastella sorridente e soddisfatta per la piccola cattiveria rivolta alle colleghe.

All’interno di un gruppo di piegate di sesso femminile, è statisticamente provato che troverete un esemplare che rispecchia le caratteristiche della piegata Carla. Vestita all’ultima moda, ha il capo giusto per la scadenza fiscale giusta, la scarpa tacco dodici indispensabile per archiviare i raccoglitori in alto, la gonna allungabile in base alle temperature dell’ufficio. Carla è il punto di riferimento per le altre bestie d’ufficio che, in caso di nuovi acquisti, sanno che possono contare sui suoi consigli. Azioni epiche l’hanno portata a essere l’eroe degli outfit. È riuscita a recuperare l’unico paio di stivali all’indianina, presente nel raggio di cento chilometri, in pieno agosto. Carla sa consigliare cosa indossare per matrimoni, funerali, spesa al supermercato, al discount, per fare la fila dal medico, andare a buttare l’immondizia, depilarsi le gambe.

Carla diffonde la parola dello stile, come Gesù le ha indicato quando da piccola cantava nel coro della chiesa. La sua principale seguace è Rosa, la piegata giovane, che non avendo ancora famiglia è una possibile acquirente di un paio di scarpe di Jimmy Choo. Quando Mariastella, che sa quasi tutto, chiede “Ma il cane? Il chou chou?”, Carla inorridisce e si rende conto che la sua opera di bonifica di taglie forti, di sciatte e ignoranti di marche nell’ufficio è ancora molto molto lunga. Carla si ricorda dell’estremo bisogno della sua opera di fashionizzazione del mondo, ogni volta che transita la collega Augusta. Augusta è una taglia debolissima ma veste abiti di taglie forti, anzi fortissime.  Veste anni sessanta-settanta (abiti originali dell’epoca), con abbinamenti improbabili e di sicuro esclusivi (perché Carla non crede che si potessero neanche lontanamente immaginare) .

Un giorno Carla trova la forza di bloccare in un angolo dell’ufficio la collega e dirle in tutta sincerità, con il cuore in mano e immagini di abiti adatti ad Augusta nella mente:

Carla: “Senti Augusta, ma tu sei cosciente che siamo nel 2019, pesi come una bambina di diciassette anni e la tua taglia vera è una quaranta?”.

Augusta: “Si lo so, ma a me piace vestirmi così. Non immagini che ricerche minuziose faccio, per avere questi abiti. Trascorro molte domeniche in giro per mercatini dell’usato. Sono un’appassionata del vintage.”

L’orrore si diffonde sul volto di Carla, quasi come se le avessero tagliato i tacchi di tutte le scarpe.  Con un ghigno, che Augusta scambia per un sorriso di compiacimento, incassa la sconfitta e deve ammettere a se stessa che forse, non riuscirà a salvare tutti dal cattivo gusto. Basterà rinchiudere chi non si adegua in un ghetto, lontano dagli occhi e dal cuore.

Anche Caronte, che deve il suo soprannome al fatto che è talmente carina e disponibile che traghetta le anime delle colleghe verso il reparto psichiatrico, ha un problema di taglie. Lei veste diverse taglie che variano in base alle giornate. A volte, solitamente d’inverno, indossa la taglia che forse portava all’età di quindici anni. Oggi non ha più la stessa silhouette e la stessa età, ma non riesce a rinunciare alla taglia, che forse in cuor suo desidererebbe portare. Maglioncini che coprono a stento l’ombelico, evidenziano l’addome che rappresenta l’abbondanza negata ai paesi del terzo mondo, abiti che sembrano essersi rimpiccioliti dopo un lavaggio sbagliato. Pantaloni stretch a quadrettini che si trasformano in quadrati grandi come quelli di un tartan scozzese, fasciano i polpacci torniti. I pantaloni inoltre hanno una taglia fino all’ora di pranzo, dopo si ristringono e Caronte è costretta a sbottonare il bottone e aprire la cerniera per evitare di distruggere la stoffa. D’estate solitamente crede di essere più corpulenta della realtà. Caftani multicolor, svolazzano per qualche minuto dopo il suo passaggio. Camice larghe e informe nascondono quanto più evidenziato d’inverno. La domanda sorge spontanea a tutti: “Perché non compra vestiti della sua taglia? Ma soprattutto, qual è la sua taglia?”. Questo è un mistero che ancora nessuno è riuscito a svelare, neanche Carla.

Un altro possibile esemplare di piegata che troverete è Lisa. È un database umano d’informazioni riguardanti prezzi, data d’acquisto, nome del negozio e altri dettagli dei vestiti acquistati…dalle colleghe. Tutto inizia con una domanda cortese, che nasconde un lato oscuro:

Lisa: “Che bello quello stivale, dove l’hai preso? Quanto l’hai pagato?”

Dopo aver memorizzato la risposta, all’interno del suo cervello si attiva quello che potrebbe assomigliare a un piano d’attacco dell’ISIS. In poche frazioni di secondi, viene definita l’organizzazione giornaliera dell’intera famiglia, affinché lei possa andare ad acquistare il capo incriminato. Per Lisa l’outfit giusto, è quello indossato dagli altri il giorno prima. Non ci sono limiti alla sua opera di scopiazzamento. Minigonne di jeans che mostrano cosce forse più adatte a restare nascoste, gonne all’Indiana Jones, maglie scollate per mostrare il misero decolté che sporge con l’aiuto del push-up. Tutto è possibile per Lisa, pur di apparire come le altre. Sarebbe l’unica contenta a dover indossare la divisa in ufficio, nella sua testa il sogno di una vita di essere identica alle sue colleghe, si realizzerebbe in un attimo.

L’outfit dei pochi esemplari di Homo-piegato di sesso maschile è comunque degno di nota.

La camicia con il maglioncino a scacchi, che pensavi essere una peculiarità degli scozzesi e dei settantenni che escono a cena alla festa di paese, è una sicurezza per alcuni Homo-piegati. Ettore acquista lo stesso pullover a scacchi in tutte le tonalità di colori esistenti. È il modo più economico e pratico. All’acquisto online del trentesimo pezzo, ne riceve in regalo uno. Vengono consegnati a casa, perfettamente imballati su un bancali. Ettore conserva i maglioncini nei ripiani dell’armadio in ordine cromatico. Ogni sera, prima di coricarsi, conta quanti maglioncini puliti ci sono. La sera che il conteggio si ferma a uno, con un urlo che attraversa l’appartamento di famiglia ordina: “Mamma, domani indosso l’ultimo maglioncino. Domani devi lavarli.” La mamma non può adempiere a questo compito nel corso del mese, per qualche strana regola imposta dall’Homo-piegato. Da bravo ragioniere qual è, ha calcolato che se lavati nel corso della stessa giornata, asciugati con lo stesso tasso di umidità, con la stessa quantità di ore di riscaldamento, i maglioncini avranno sempre lo stesso aspetto tra loro. Non ci saranno quelli che sembreranno più sciupati e quelli più nuovi. Tutti uguali. Non gli interessa se la mamma, quasi ottantenne deve passare il sabato e la domenica a lavare, asciugare e stirare trentuno maglioncini. Lui, vestito solo di boxer bianchi slabbrati e la maglia della salute con qualche buco osserva, dalla poltrona di pelle marrone del salotto, la madre stirare per tutta la domenica pomeriggio.

Giovanni è il piegato spento, quello che nonostante i colori dei propri abiti, salta all’occhio. Nel corso di un anno lavorativo i colori pastello lo caratterizzano. Azzurro, grigio, giallo, rosa che appaiono spenti se indossati da lui.  È intuibile che il colore non sia in realtà così, ma diventa anonimo e triste se o indossa lui.  Gli stessi abiti se portati con disinvoltura da un altro soggetto ispirano eleganza, sobrietà. Il piegato spendo, magrissimo, privo di colore in volto anche il 15 di agosto, leggermente gobbo ha un suo stile. Lo stile sbiadito e anonimo che lo caratterizza.


 

Bestie da ufficio.-L’outfit.-Capitolo undici.ultima modifica: 2019-12-02T09:00:38+01:00da D8_85
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