Racconto di Natale alternativo. Parte 2 di 2.

Lui non lo sa, ma quella sdraiata a terra vicino alla sua auto è Sonia.

Non l’ha uccisa lui, lui gli ha solo schiacciato un braccio con le ruote dell’auto, tanto Sonia non ha sentito male a quel braccio schiacciato.

Il male l’ha sentito prima, insieme alla paura e alla consapevolezza di essere in pericolo.

In mano ha le chiavi dell’auto, la busta con i coltelli appesa al polso, la sciarpa appoggiata all’altro braccio insieme ai manici della borsa e intanto cerca il telefono che squilla nel buio della borsa.

Le cade la busta con i coltelli, producono un rumore metallico. Impreca mentalmente, ci manca solo che si rovinino quei cavoli di coltelli.

Se non avesse risposto al cellulare. Tutta colpa della suocera. Voleva sapere a che ora sarebbero arrivati a pranzo il giorno di Natale, perché ha chiamato lei e non suo figlio. Diamine è sempre colpa di sua suocera.

 

  • Buon giorno Agnese, mi dica.- intanto cercava di aprire il bagagliaio.

 

La busta di plastica di Casanova l’ha soffocata in brevissimo tempo. A lei è sembrato un tempo lunghissimo. Che poi non è morta soffocata.

Si porta le mani alla gola, sente il terrore invaderla.

Cosa sta succedendo? Cosa sta succedendo?

Non riesce a smettere di farsi questa domanda nella sua testa.

Cerca di allentare la presa ma la busta di plastica è talmente stretta attorno alla bocca e al naso che non riesce neanche a infilare le dita tra il viso e la plastica, per creare un po’ di spazio per l’aria.

A ogni tentativo di respirare peggiora la situazione. La plastica aderisce sempre di più al suo viso. Riempie la bocca, si attacca alla lingua, al palato. Anche il naso, gli occhi chiusi, le narici sono avvolte dalla busta.

Sente un’unghia rompersi nonostante lo smalto cotto.

Uno strattone la fa ondeggiare sui tacchi alti fino a perdere l’equilibrio. Atterra pesantemente con il sedere a terra, una caviglia si è piegata in modo strano. È appoggiata alla macchina come se si fosse seduta di proposito con la schiena appoggiata alla portiera.

Continua a cercare di allargare il sacchetto di plastica.

Ha l’impressione che la testa le stia per esplodere, è troppo compressa. Poi tutta quella pressione che sembra stringerla, si allenta e sente caldo al fianco. Sente qualcosa di caldo che le cola sulla pancia. Le torna in mente la sensazione che provava da bambina quando le capitava di farsi la pipì addosso. Non ci pensava da una vita. Ora si sente meglio, si sta quasi addormentando è quasi distesa, rilassata.

Pensa che i costosi stivali di camoscio chiaro, si stanno sporcando a contatto con l’asfalto. Pensa che deve alzarsi e andare a casa a fare la cyclette. Allenta la presa intorno alla busta di plastica, si appoggia con una mano a terra, c’è qualcosa di appiccicoso. Le fa schifo esseri sporcata, ma le manca quasi la forza di spostare la mano da terra.

 

La gonna è sollevata fino alle cosce, e le calze sfilate le danno un’aria sciatta, a qualcuno potrebbe persino sembrare eccitante.

Sente una fitta lancinante alla coscia e di nuovo qualcosa di caldo colare lungo la coscia.

Con l’altra mano cerca di capire cos’è che le fa male e afferra un manico, nel muoverlo provoca una fitta di dolore che la fa rantolare. Apre gli occhi, vede tutto appannato attraverso la plastica trasparente ma riesce a riconosce un manico in legno.

 

Il forchettone per girare la carne sulla griglia è perfettamente orizzontale alla sua coscia sinistra. Conficcato nella carne tonica fino al femore, i due denti metallici entrano nel muscolo con due forellini paralleli, come quelli che lascerebbe il morso di un serpente.

 

Lascia la presa sul forchettone e cerca il punto sul fianco, dove avverte il sangue caldo.

Trova un manico uguale al precedente.

Aveva ragione la commessa a elogiare l’efficacia di quel coltello per la carne. Bisognerebbe informarla che riesce a incidere anche la carne umana, con una semplicità a dir poco sorprendente.

Si sta addormentando, non capisce come fa ad avere tutto questo sonno.

Silvia sviene e non si accorge di quello che accade al suo corpo.

 

L’orologio da diecimila euro che gli ha regalato suo marito l’anno scorso a Natale, scivola e finisce con il quadrante immerso nel sangue. Se ci fosse stata la mano attaccata al polso, non si sarebbe rovinato. La mano sinistra è vicina alle forbici trinciapollo, che sono state usate per staccare l’arto dal polso.

La mano destra in parte è ancora attaccata al polso, mancano le dita che sono state tagliate una ad una. Sono sparse a terra.

L’acciaio del martello batticarne, riflette il fascio dei fari delle auto che entrano ed escono dal parcheggio. Sembra brillare di piccole luci, come se fosse una pallina di Natale ricoperta di brillantini. È ricoperto di sangue e materiale celebrale.

Il seno nudo ora non risplende del suo biancore naturale o del bianco della morte.

È rosso. Rosso vivo, ricoperto di sangue.

Non c’è più nulla della donna che era. È irriconoscibile. La sua immagine non esiste più.

 

Il ritrovamento del corpo di Sonia, non ferma il mondo. Il mondo non si ferma mai, tanto meno a Natale. Il Natale è alle porte e ci sono ancora tante cose da fare. La sicurezza del centro commerciale è stata costretta ad avvisare la polizia. Per non creare il panico e evitare la solita folla di curiosi, hanno circondato l’auto di Sonia e dell’anziano signore con dei pannelli pubblicitari, erano la prima cosa a disposizione. La voce che proviene dall’alto, quasi rotta dall’emozione, non sembra arrivare dal paradiso ma da dietro l’angolo, si espande ovunque. Avvisa la gentile clientela che se hanno parcheggiato il proprio veicolo nel parcheggio sotterraneo piano -1, fila D-E-F, sono pregati di spostare l’auto al piano -2 per intervento urgente da parte della sicurezza. Di seguito la voce metallica avvisa la gentile clientela che il centro commerciale resterà aperto tutte le domeniche di dicembre.

Vengono ripetuti gli orari, le iniziative, le promozioni.

Le signore sonnecchiano tranquille, sapendo che molti ingredienti per la cena della vigilia sono già in dispensa. I mariti si godono il meritato riposo davanti la tv, dopo aver passato due ore al supermercato. I bambini stanchi delle corse fatte lungo le corsie dei biscotti, dormono abbracciati ai peluche.

Tamara e Natascia alle nove hanno terminato il turno, stanno andando fuori a cena con due ragazzi conosciuti oggi, grazie al pretesto dei volantini. Il loro motto è: una cena gratis non si rifiuta mai.

Diego rientra a casa, che sono quasi le dieci. Accarezza sua moglie che dorme sul divano, controlla che il piccolo di pochi mesi che dorme nella culla sia ben coperto. Va in cucina e si siede al tavolo, nella metà che la moglie ha lasciato apparecchiata per lui. Si guarda intorno. È stanco, della giornata, della responsabilità di non avere un lavoro sicuro, di dover passare la giornata in mezzo a gente stressata perché deve fare i regali quando lui deve scegliere tra pagare le bollette e fare un regalo a sua moglie per Natale. Ormai sono venti giorni che trascorre la giornata a distribuire palloncini. Si toglie la giacca del costume di Babbo Natale, la appende allo schienale della sedia e inizia a mangiare una pasta fredda che dovrebbe riscaldare, ma non ha voglia di alzarsi e metterla nel microonde.

Sente un tic, è solo una goccia di sangue che cade dal polso peloso della giacca imbrattata di sangue.

Finisce di mangiare e poi la laverà, domani gli servirà di nuovo.

Racconto di Natale alternativo. Parte 2 di 2.ultima modifica: 2017-12-19T14:26:01+01:00da D8_85
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